Un referendum per cambiare regione.

Capozzi Vitantonio

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Galleria-foto: una carrellata di immagini suggestive di Polla

Paestum - necropoli lucanaPaestum - necropoli lucana

Pillole di storia di Polla e la sua origine lucana

27.12.2013 18:07

 IL RITORNO ALLE ORIGINI

l'Italia antica

La  severità della natura misteriosa che traspare anche da un ridente paesaggio e la contenuta ed educata fierezza della gente ci portano con la mente, come d'incanto, alla plurisecolare storia di civiltà lontane coi suoi densi echi arcani, dei quali avvertiamo il persistere del flusso vitale, ci fanno pensare alle nostre origini e, quindi, all'antica “LUCANIA”. I suoi originari confini, che  sono stati distrutti dalle improvvide ripartizioni geo-politiche volute dagli uomini, oggi sfuggono alla percezione dei più. Ed allora quello spirito identitario, in maniera prorompente, riaffiora e non finisce mai di ruggire, spinto da una forza primordiale. Basti ripercorrere con la mente quelle marce lunghe dei Lucani che instancabilmente percorrevano le strade verso il Tirreno, toccando, nell’interno del suo vasto territorio, le città di Tegianum, Consilinum, Atina, Sontia, Volcei, Compsa, la famosa Petelia, definita da Strabone Metropoli Lucana, e poi ancora Poseidonia, Laos, e, sul versante ionico, dove s’incontravano le città di Heraclea, Metapontum.  

Guerrieri Lucani

E’ indubitabile che le spinte culturali provenienti dal mondo greco determinarono una importante svolta di civiltà non solo in Basilicata ma anche nelle zone con essa confinante, trasformandone la cultura e la geografia interna. Ne sono chiari esempi i molti insediamenti, risalenti all' VIII-VII sec. a.C., che sono stati ritrovati nelle aree interne del Vallo del Diano e della Val D'Agri, come le ricche e numerose necropoli nelle quali è stato possibile rintracciare le fila di quella sostanziale unità etnica di cui tanto si parla: utensili in argilla ben depurata con disegni geometrici a tenda, ceramica enotria, armi e accessori, connotazioni distintive dei guerrieri, oggetti e "parures" femminili che caratterizzavano lo status principesco di alcune donne della società del tempo.

Con gli scavi condotti ad Alianello, Armento, Roccanova, Incoronata, Cozzo Presepe, Pisticci e Serra di Vaglio (Basilicata) e, sul versante campano, nell’antica Cosilinum (Padula), nel territorio di Sala Consilina, come anche nell’antica Volcei (Buccino), è emerso come proprio la Lucania interna si sia caratterizzata, nei secoli, quale importante crocevia di ethnos diversi. Come pure si evidenzia la diffusione di oggetti di lusso, di chiara matrice etrusca, e l'affermazione dei costumi e dell'organizzazione sociale ellenica (adozione dell'armamento greco e comparsa della figura del cavaliere). Questa convergenza di culture si imprimerà nel sostrato indigeno "lucano", creando condizioni di civiltà ed impulsi di progresso inusitati, come ampiamente dimostrano i ritrovamenti sopra citati.

Guerriero lucano

Prima dell'arrivo dei Lucani tutta la regione era abitata dagli Enotri. Ma quando giunsero nei nostri territori i Lucani? Di certo sappiamo che fra il V ed il IV sec. a.C. frequenti furono i fenomeni alluvionali, che  provocarono il sollevamento della falda freatica e l' abbandono di molti centri abitati. Ma insieme a questo evento, sul finire del V sec. a.C., arriva qualcos'altro a turbare o a mutare i delicati equilibri delle popolazioni "enotrie" della regione: i Lucani. Quale sia l'origine di un nomen così devastante sul piano letterario, tanto da imporsi repentinamente e cancellare, nelle pagine degli storici del tempo, qualunque riferimento ai gruppi etnici precedenti, è difficile ancora stabilirlo. Di certo, rispetto alle ricerche ed alle testimonianze pervenuteci, si evince che i Lucani dovevano discendere dai Sanniti (genti italiche provenienti dal Molise e dalla Campania), a loro volta discendenti da una più antica unità etnica originatasi in un'area compresa fra le Marche e gli Abruzzi, ovvero i Sabini (Safinim in osco = Samnium). Fra le radici filologiche più accreditate del nomen lucano figura Luc che in sanscrito farebbe riferimento alla luce, così come nell'idioma latino e in quello delle genti sabelliche; ipotesi che trova conferma anche negli studi riguardanti le origini semite del nome, dove Luachan è lo splendido, il luminoso

Ma aldilà di tale attribuzione, ciò che resta ancora oscuro sono le modalità e le cause di questa massiccia immigrazione che, iniziata sul finire del VI sec. a.C., determinò una trasformazione profonda dell'identità etnica della Basilicata e di grande parte del territorio campano fino alle coste tirrene. Nella storia della Magna Grecia il V secolo a. C. è un periodo di grandi trasformazioni all'interno delle diverse realtà urbane coloniali e nel gioco degli equilibri politici tra di esse. Tra le cause che vengono a turbare questi equilibri e in alcuni casi mettono in pericolo la sopravvivenza di talune colonie non ultima e la progressiva espansione di genti di stirpe sannitica che dalle aree montuose interne si muovono per andare ad occupare quella vasta regione che da Strabone (VI, 1, 4) viene indicata come Lucania e che coincide in pratica con l'attuale Basilicata e con la parte della Campania che si stende a Sud del Sele, nel Vallo di Diano, comprendendo anche i margini settentrionali della Calabria

Lucani addestrati all'arte della guerra grazie alle pratiche del mercenariato costituiscono un pericolo per le colonie già a metà del V secolo, ma la loro pressione diviene sempre più incalzante e Poseidonia è la vittima precoce di questa politica. Sul finire del V secolo, secondo Strabone (VI, 7, 3) la città è conquistata dai Lucani che vi detengono il potere fino alla deduzione della colonia latina nel 273 a.C. L'evidenzaarcheologica documenta con dovizia di dati questo evento, facendo di Poseidonia un osservatorio privilegiato per conoscere le genti lucane, il cui carattere bellicoso, quale traspare dalle sporadiche notizie letterarie, emerge con straordinaria vivacità dai corredi funerari di guerrieri armati e dalle rappresentazioni pittoriche delle lastre che componevano le casse tombali. Certo gli effetti dirompenti dell'azione espansiva di questo popolo si colgono nella conquista delle colonie greche di Poseidonia (Paestum) e Laos (in Calabria, nei pressi del fiume Lao), città forti e ben difese ai tempi dell'occupazione lucana avvenuta tra il 421 ed il 389 a.C. Confidando in una indiscussa forza militare i Lucani si spinsero ripetutamente anche sull'altra costa, iniziando una serie di combattimenti contro le colonie greche dello Ionio: Thourioi, Heraclea, Metaponto e Taranto. Intorno al 330 a.C. i Lucani conoscono i Romani, quando con questi costituirono un'alleanza "strumentale" utile a fronteggiare la pressione sannita a nord e quella italiota a sud. Ma la durata del consesso fu davvero breve perché i Romani, già nel 325 a.C., stabilivano un presidio strategico a Luceria, evidenziando forti mire espansionistiche verso sud.  Questa svolta determinò la resa di Taranto, avvenuta nel 272 a.C., e l'estensione immediata del predominio romano sulle colonie greche del sud della penisola.

Paestum - Gladiatori

 Nel 273 a.C. intanto, insistendo sulle città che garantivano importanti accessi sul Mediterraneo, Roma aveva conquistato il primo e, fino ad allora, incontrastato presidio lucano sul Tirreno, Paestum. La politica romana, già tendenzialmente poco incline a favorire un'autonomia sociale ed economica delle proprie colonie, futuro ancor peggiore destinava ai "ribelli". Si desume pertanto che lo spopolamento di insediamenti e campagne registrato in Basilicata nel corso del III sec. a.C. sia la conseguenza delle dure condizioni perpetuate dalle leggi romane, che prevedevano il sequestro dei suoli, generalmente i più fertili, concessi poi in affitto ai facoltosi patrizi o agli aristocratici del luogo che li sostenevano, e qui parliamo di quelle grandi estensioni impopolarmente denominate ager publicus . Tale diffusa speculazione portò ad una trasformazione radicale sia dell'assetto economico e sociale, con la scomparsa dei ceti intermedi e l'aumento spaventoso della manodopera servile, sia del territorio, con l'affermazione indiscriminata del latifondo. La maggior parte dei terreni, al centro dei quali sovente sorgevano sontuose ville patrizie, venne destinata dai romani al pascolo ed alla monocoltura, con una ostinazione che provocò fenomeni di impoverimento ed erosione dei suoli tali da impensierire gli stessi agronomi romani.  

Polla: l'antica iscrizione detta "Elogium" che cita la fuga degli schiavi in Sicilia.

Da alcuni anni si sta facendo strada questo ritorno alle origini. E non sono pochi quei comuni che vorrebbero chiamarsi LUCANI. Di tanto ne è convinto anche Milan Kundera allorquando afferma che “quando un popolo comincia a dimenticare quello che è e quello che è stato, il mondo attorno a lui lo dimentica ancora più in fretta, vale anche a rovescio: quando un popolo rialza la testa l’umanità se ne accorge”. Soggiungendo poi che gli sembra così evidente che "le falesie di Capo Palinuro hanno una rude maestosità tutta lucana e che gli accenti e la gestualità di un cilentano (a maggior ragione di un cittadino del Vallo di Diano!) hanno una musicalità diversa da quelli di un abitante dell’antica Campania". Si, è vero! I costumi, i riti, le musiche, i sapori, i colori appartengono alla LUCANITA’, pesantemente velati dalle strategie di colonialisti e globalizzatori. Un processo che si è avviato in ogni parte del Mezzogiorno, ma che qui si manifesta con più vigore e più consapevolezza.

 

Del resto, Goethe affermava che "Se l'uomo è un essere rivolto alla costruzione di senso, nel deserto dell'insensatezza, che l'atmosfera nichilista del nostro tempo diffonde, il disagio non è più psicologico, ma culturale. Ecco perchè riteniamo importante e fondamentale oggi ripercorrere la strada che ci consente di recuperare il nostro passato, la nostra memoria e la nostra identità". La Convenzione Europea del Paesaggio (2000) attribuisce ad ogni paesaggio un valore di riferimento identitario per la popolazione che ad esso si rapporta. Alla luce di questo assunto, il presente lavoro si propone di approfondire la natura del legame tra popolazione e paesaggio, al fine di comprendere se e in quali termini questo possa costituire un riferimento per l’identità di coloro che abitano in un certo luogo. La Convenzione, poi, estendendo il concetto di paesaggio a tutto il territorio, lo riconosce dovunque come fondamento dell’identità della popolazione, che in esso può ritrovare tracce di sé, della propria cultura e dei valori che la animano. Come si vede, si tratta di affermazioni che segnano una svolta in materia e che portano al centro dell’attenzione la relazione esistente tra popolazione e paesaggio. Da questo binomio nasce l'identità del proprio teritorio. 

Ma cos'è l'identità? Secondo Loredana Sciolla (2002), l’identità si configura come una sorta di “narrazione”, un percorso dialettico attraverso il quale il soggetto cerca di dare coerenza e continuità alla propria esistenza, ritrovando e ricostruendo il proprio equilibrio nel tempo e attraverso i cambiamenti o i traumi che è chiamato ad affrontare. Sottolinea, poi, come l’identità personale svolga due funzioni, “locativa” e “integrativa”: la prima “colloca il soggetto in un sistema di relazioni tracciando dei “confini”, in questo modo distinguendo fra sé e gli altri, tra “noi” e “loro””; la seconda invece “permette non solo una discontinuità con l’altro, ma anche una continuità con noi stessi” (ibidem, p. 144-145), dando dunque coerenza al nostro percorso esistenziale. Sciolla illustra poi come queste stesse funzioni valgano non solo per l’identità individuale, ma anche per quella dei gruppi sociali che si danno una propria “identità collettiva”: in questo caso, la funzione locativa è data dai confini territoriali o simbolici, quella integrativa dai dirigenti del gruppo. 
Costume  di Polla: la Pacchiana
 
Questi assunti ci aiutano a definire il concetto di appartenenza ad un determinato territorio con le sue culture e storie che si intrecciano con il paesaggio in cui ciascuno di noi vive. Parliamo allora di Polla, lanciandoci con la nostra macchina del tempo in epoche lontane, per un momento lasciadoci alle spalle la nostra quotidianità e lo vogliamo fare proprio partendo dallo studio etimologico della sua porola, perché riteniamo che dall'etimo della parola si possa giungere alla verità delle sue origini. 
 
 
La storia di Polla affonda le sue origini nella notte dei tempi e diventa davvero difficile, per chiunque voglia avventurarsi nel lungo e profondo cunicolo dei tempi trascorsi, stabilirne la data d'inizio. Tralasciando, almeno per ora, la storia raccontata, tentiamo invece di analizzare un aspetto, pur importante nella storiografia di una comunità, connesso all'etimologia della parola, perchè anche questo studio può farci capire un inizio, se non l'inizio, della sua storia.
 
Sull'origine del nome di Polla si sono consumati i proverbiali fiumi d'inchiostro per tentare di dare una risposta vera, o quantomeno quella più prossima e, quindi, più attendibile. Nonostante tutto, poco si sa sull'epoca dei suoi primi insediamenti,  poiché ci si scontra inevitabilmente con la linea sottile del tempo, che, inesorabile, ci dice che prima di certe epoche non possiamo avere nulla di "concreto" a testimonianza delle radici arcaiche dei popoli. Nonostante la consapevolezza delle difficoltà che potrò incontrare sul mio percorso, timidamente proverò ad inoltrarmi nel labirinto della storia di Polla, tendando, così, di dare, anch'io, una risposta sulle sue origini.
 

Dico subito che il libro, edito nel 1911, "Origini e vicende storiche di Polla " di Francesco Curcio Rubertini,  mi è stato di grande aiuto nel mio studio di ricerca. Molti storiografi, primo fra tutti Costantino Gatta (Sala Consilina 1673-1741), hanno ritenuto che Polla fosse stata l'antica Petelia. Della città  hanno parlato lo storico Strabone (60 a. C.-23 d.C.), Plinio Seniore ( 23 d.C.-79 d.C.) e il geografo Tolomeo (100 d.C-175 d.C.). Strabone la definisce metropolis Lucaniae o città primaria della Lucania, distrutta dai Cartaginiesi (III^ sec. a.C.). Oggi alcuni studiosi la collocano laddove è posta Petilia Policastro. Su questo punto esistono fondati motivi per ritenere  tale ipotesi assolutamente infondata. Vediamone le ragioni. 

Il Geografo Strabone

Strabone, nel libro VII della sua Geografia, la colloca nell'interno della Regione Lucania, ricordando che i Lucani "tennero tutto quel tratto dal Sele al Lao, da Metaponto a Turio. Presso il mare possedettero Poseidonia (poi Paestum), Palinuro, Velia e Bussento; nell'interno (intus) poi Volcei attuale Buccino), Conza, Potenza, Blanda, Grumento e Petelia, capitale della Lucania (caput Lucaniae)". Quindi Petelia era ubicata al centro della Lucania e non, come oggi vorrebbero far credere alcuni storici, all'estrema periferia della Regione, identificandola, a loro dire, con Petilia Policastro. Quest'ultima città trovasi nell'antica Regione detta Bruzio (Brutium), che in epoca successiva fu unificata con la Lucania: con la fusione delle due Regioni si creò, infatti, la Regio III Lucania et Bruttii, ovvero la terza delle Regioni dell'Italia Augustea (7 d.C.). Evidentemente tale unificazione ha tratto in inganno quel gruppo di storici, i quali hanno sostenuto, ovviamente sbagliando, che Petelia fosse la stessa ubicata in Calabria, confondendola quindi con Petilia Policastro. V'è da dire ancora che la capitale dell'antica Regione dei Bruzii (l'attuale Calabria), e, quindi, prima della unificazione con la Lucania, è stata sempre Cosenza e non certamente Petelia.  Altro aspetto non secondario  a quanto affermiamo ci viene offerto  dallo stesso Plinio, quando usa l'avverbio "intus", ovvero "dentro", vuole indicare il sito della città facendolo corrispondere al centro della Regione. 

Plinio il Vecchio

Anche lo storico e geografoTolomeo definice Mediterranea la città di Petelia, cioè ubicata in mezzo alla terra, all'interno, (nel mezzo delle Regione) lucana. 

Il Geografo e Storico Tolomeo

Infine Plinio la descrive come sita su di un colle detto Clibano, rievocante quest'ultimo il sito alto poggiante sugli inghiottitoi naturali, detti Crive o Clive, che una volta fungevano da sversatoi delle acque del fiume Tanàgro. 

Analizzando l'etimologia della parola "PETELIA", questa certamente deriva, come ci ricorda il Curcio Rubertini, dalla congiunzione, in lingua osco-lucana, delle due parole PETH, che significa casa o città, ed HELION, che significa luce o sole e, quindi, la CITTA' DEL SOLE. Sappiamo che il sole era considerato dai Pelasgi-Enotri o dagli ITALI primitivi il supremo dio dell'universo, chiamato poi Apollo, dio della luce dagli ELLENI. Lo stemma del comune di Polla porta come suo emblema il SOLE, che è stato adottato tanti secoli fa a simbolo della comunità stessa. Ebbene, noi riteniamo che tra la simbologia del SOLE, ben visibile nello stemma del Comune di Polla  e la città antica di PETELIA ci sia uno stretto legame.

Ma torniamo alla ricerca dell'antica città di Petelia. Tra i ricercatori, che hanno affrontato la questione, vale la pena citare Costantino Gatta (Sala Consilina1673 - 1741), il quale, nelle sue Memorie Topografico-storiche della Provicia di Lucania così scrive: "E' la Polla per ogni verso raggurdavole...omissis...In quanto al nome di detta terra...omissis...da più alta origine giudico abbia ella tale denominazione preso e forse non da altro che da Petelia tratto ella avesse ed i natali ed il nome...omissis...", osservando poi che, in un'epigrafe trasportata da Polla ad Atena Lucana, ove attualmente si trova, si fa riferimento all'esistenza nel territorio di Polla della PLEBS PETELINORUM, cioè dei cittadini plebei di Petelia, a conferma dell'esistenza a Polla dell'antica Petelia lucana. Inoltre va considerato, sempre a proposito dell'origine del nome, che nella contrada "Tempio", a circa 500 mt. dallo svincolo autostradale SA-RC, trovasi il Mausoleo eretto  da Insteia Polla, sacerdotessa di Livia Augusta, in memoria del Magistrato romano T.C.Utiano Rufo, il quale l'accolse alla tenera età di sette anni e la sposò, vivendo con lei per cinquantacinque anni. Protettore di Livia e della Gens Iulia era certamente Apollo e v'è da supporre che lì, dove fu innalzato il Mausoleo, si trovasse il Tempio dove veniva adorato il dio Apollo. POLLA si chiamava, come risulta dalle antiche carte topografiche,  La Polla, nome questo che derivava da L'Apolla. Insomma, il nome POLLA è alterazione di APOLLA per aferesi o stroncatura di lettera in principio.  

Vitantonio Capozzi.